UNA MAGGIORE APERTURA ALLA SOCIETA’ CIVILE PER IL RILANCIO DEL PARTITO DEMOCRATICO. LE PRIMARIE PERMANENTI COME METODO DI GESTIONE

È un parere non sintonico rispetto alla quasi totalità dei commentatori politici, ma ritengo che il risultato elettorale assolutamente insoddisfacente del Partito Democratico alle ultime elezioni amministrative – con l’eccezione di Brescia, Vicenza, Torre del Greco e alcune ulteriori realtà locali soprattutto in Campania sulle quali torneremo in un successivo intervento –  non sia un fatto negativo. Anzi, sarà utile perché fa comprendere l’ampiezza e l’urgenza dei problemi che la nuova dirigenza del partito è chiamata ad affrontare.
Dopo la sua elezione alla Segreteria Elly Schlein è stata circondata da attese messianiche di un rilancio in tempi brevi. Attese che derivavano da effimeri sondaggi con cui vari centri di ricerca inondano quotidianamente le redazioni dei quotidiani.
Il risultato elettorale ci ha riportato alla realtà. Per rilanciare il Partito Democratico non è sufficiente l’immagine di una nuova segretaria o la partecipazione a qualche manifestazione o a qualche corteo. È necessario, soprattutto, un lavoro profondo di ricostruzione dell’identità del partito, appannata a seguito della stagione del renzismo contrassegnata da riforme quali il Jobs Act che nemmeno Berlusconi aveva osato fare.
Riforme che hanno distrutto il legame con le classi lavoratrici, da sempre il popolo di riferimento del partito. A cui si è aggiunta la rottura con le OO.SS. che il senatore fiorentino ha pressoché completamente ignorato durante la sua permanenza a Palazzo Chigi.
Un retaggio che i leader succeduti a Renzi non erano riusciti a cancellare soprattutto perché i loro tentativi di imprimere una svolta alla linea politica erano stati sempre condizionati dai “renziani” che non avevano seguito l’ex segretario nella sua nuova avventura parlamentare, ma ne avevano condiviso e, in larga parte, continuavano a condividerne le posizioni politiche.
Elly Schlein è sicuramente un volto nuovo che rassicura se non altro perché è stata sempre coerente e si dimise dal partito in dissenso rispetto alla linea politica di Renzi. Per di più è sicuramente libera da ogni condizionamenti di correnti o di capi bastone.
Ma per ritrovare il dialogo con l’elettorato di centro sinistra non basta l’immagine o la discontinuità, servono contenuti coerenti e funzionali alle attese degli italiani.
La strada per riconquistare gli elettori perduti è molto semplice. Iniziare la costruzione di una vera alternativa di governo fondata su un progetto organico di stampo progressista. Un progetto che interpreti il malessere della società e traduca le istanze dei cittadini in proposte volte a cambiare una realtà economica e sociale che, se si guarda sotto la superficie,  è preoccupante ed è destinata a peggiorare.
Abbiamo già esposto su queste colonne le nostre tesi sui contenuti che dovrebbe avere il nuovo corso.
Non ci ritorneremo sopra in quanto il quadro non è cambiato e la neo Segretaria ha già dimostrato di avere le idee chiare sulle direttrici sulle quali procedere: lavoro, diritti, giustizia sociale, sanità, ambiente.
Però, i cittadini sono giustamente diffidenti. Le parole non bastano. Chiedono iniziative concrete di riforma sulle quali sia impegnato tutto il partito, con proposte di legge organiche sulle quali il Partito Democratico apra un confronto con le altre forze dell’opposizione e lanci forti campagne di mobilitazione nel Paese.
Essere fuori dal governo non significa doversi rassegnare ad attendere le prossime elezioni. Le battaglie in Parlamento e nella società sono uno strumento essenziale di una vera democrazia, idonee a strutturare una opposizione autorevole che acquisisca consensi fra i cittadini e incalzi la maggioranza, costringendola, magari, a rivedere le sue posizioni.
L’Italia, se non vogliamo tornare ai tassi di crescita in decimali di punto, ha bisogno di un nuovo modello di sviluppo. E la congiuntura economica favorisce il PD perché le istanze del popolo progressista coincidono con le esigenze del Paese.
La redistribuzione del reddito, la lotta al precariato e una linea finalizzata ad espandere l’occupazione stabile sono l’unica strada per accrescere i consumi e promuovere la crescita.
La tutela dell’ambiente può aprire nuove prospettive industriali in settori di avanguardia che garantirebbero la continuità dello sviluppo anche negli anni futuri.
Una maggiore equità fiscale, con un impegno vero contro l’evasione e l’elusione consentirebbe di ridurre le imposte ai contribuenti onesti e, nel contempo, assicurerebbe allo Stato le risorse per migliorare la qualità dei servizi, a cominciare dalla sanità e dalla scuola.
Un riequilibrio territoriale darebbe un respiro di lungo periodo alla crescita in quanto una ripresa del Sud avrebbe effetti benefici anche per le regioni settentrionali che, non a caso, fanno registrare tassi di sviluppo molto bassi da quando è finita la politica di incentivi al Mezzogiorno
Ma queste battaglie possono essere vinte solo se il Partito Democratico sarà in grado di coinvolgere la società civile, gli astenuti cronici, coloro che di fronte alle delusioni della politica si sono ritirati nel loro privato.
A tal fine è necessario un partito nuovo che assicuri un travaso continuo di idee, di militanti e di dirigenti fra gli elettori e gli iscritti, con nuove forme di adesione che consentano ai simpatizzanti di superare le forche caudine dei signori delle tessere e sottraggano le strutture territoriali del partito alle baronie locali.
Bisogna valorizzare il ruolo delle associazioni, delle liste civiche, dei gruppi spontanei, sia in termini di idee che in termini di partecipazione al dibattito negli organismi dirigenti. Possono dare un contributo importante gli esterni – intellettuali, accademici, esponenti delle professioni, dell’imprenditoria e del sindacato – che vorranno svolgere un ruolo attivo senza passare per il filtro delle burocrazie del partito.
Bisogna superare le sclerotizzazioni che hanno caratterizzato gli ultimi anni, nonostante l’impegno e la volontà di innovare dei segretari nazionali.
La elezione di Elly Schein non è sufficiente per il rinnovamento. Ma può essere la premessa per una rivoluzione che si incentri in una nuova fase di ampia apertura al mondo esterno. Le primarie devono diventare un metodo di consultazione permanente degli elettori e dei simpatizzanti. Bisogna dare voce al popolo del centrosinistra per la elaborazione e la approvazione di linee programmatiche, proposte di legge, iniziative di mobilitazione, elezione di quadri territoriali.
Elly Schlein può riuscire nell’impresa di dare nuova vita al Partito Democratico, ma deve incidere profondamente sulla struttura organizzativa e sulle procedure decisionali. In caso contrario ogni apertura al dialogo con gli elettori si infrangerà contro il boicottaggio degli apparati e si tradurrà in un fallimento, come i tentativi precedenti, ultimo le Agorà di Enrico Letta che non hanno avuto nessun ritorno né sul piano delle idee, né su quello dei consensi.
Ci rendiamo conto che ci vorrà molto coraggio, perché le resistenze saranno forti. Ma perdere qualche cacicco farà acquisire tanti nuovi consensi. Consensi di persone disinteressate e motivate che credono in una politica più vicina alla gente comune e vorrebbero dare un contributo alla rinascita di uno schieramento progressista vincente, senza il filtro deformante delle clientele e delle burocrazie che hanno fatto da barriera ai rapporti fra partito e pubblica opinione.
In tale contesto Alleanza Democratica, da sempre vicina al partito, è disponibile ad offrire un apporto in termini di idee e di programmi, di iniziative culturali e politiche.
Alleanza Democratica, come tante altre associazioni e singoli cittadini, attende segnali chiari, visibili e irreversibili che il nuovo Partito Democratico è in marcia.